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Battaglia di Palestro
Battaglia di Palestro
22 maggio 1859
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Descrizione
Durante la Guerra di Indipendenza del 1859, il giorno 19 maggio 1859 gli austriaci abbandonano Vercelli e la sponda destra della Sesia. Le truppe piemontesi della 3a divisione, che erano acquartierate a Casale Monferrato al comando del generale Giovanni Durando, ricevono l’ordine di dirigersi verso Vercelli. Prarolo era considerato un punto strategico dello schieramento, in quanto prossimo a vari guadi della Sesia e posto di fronte al porto (cioè al traghetto o barca) di Palestro. Il 22 maggio tra Prarolo e Palestro avvenne il seguente contatto tra le truppe piemontesi e quelle austriache, come riferito da un memorialista dell’epoca.
“Alla notizia del rinforzarsi gli avamposti austriaci, volle il Comando dell'armata assicurarsi delle forze loro, e decise di simulare un passaggio della Sesia per richiamare il nemico sulla sponda, aver idea di quel che si fosse, e distoglierne l'attenzione da operazioni d'importanza che la 2a Divisione doveva eseguire sul fiume in faccia a Terranova. Sceglieva per luogo là dove la strada di Prarolo tende a Palestro. A un'ora e mezzo del mattino 22 maggio arriva al Quartier generale della nostra Divisione l'ordine di eseguire la dimostrazione che doveva essere imponente.
Il generale Durando ordinò al 10° battaglione de' Bersaglieri di recarsi da Bellincontro a Prarolo, alla 6a Batteria, al Parco, alla Compagnia del Genio, ed alla Cavalleria, di partire da Stroppiana ed avviarsi alla volta del medesimo paese, verso cui si diressero pure da Pertengo l'ambulanza ed il treno. Alla brigata Cuneo che si trovava a Caresana ed al 14° fanteria che stava a Stroppiana s'ingiungeva di tenersi pronti. Il Generale parte da Stroppiana alle 4 col suo seguito, col Genio, la batteria e la cavalleria, e giunto a Prarolo alle 5, si avanza fino alla Sesia, osserva i posti nemici sulla riva del fiume, le sentinelle ed alcuni gruppi di soldati lungo la zona coperta da salici che costeggia la sponda, e nota che l'argine porta tracce di lavori di terra difensivi. Allora manda ufficiali di Stato Maggiore a monte ed a valle per conoscere l'occupazione austriaca; fa porre in batteria due obici, e incomincia il fuoco sopra i gruppi nemici che si ritirano dopo aver risposto con qualche colpo di fucile. Fuvvi qualche difficoltà a mettere a posto i pezzi in causa del terreno sabbioso su cui dovevano essere portati e collocati a 1000 metri circa dagli argini della riva sinistra, dietro i quali si supponeva raccolto il maggior nerbo della difesa; ma gli ostacoli vennero superati, e gli obici rimasero per 20 minuti circa senza essere controbattuti.
Il 13° di linea, il 2° battaglione di Bersaglieri, e la 7a batteria che stanziavano a Prarolo, si avanzarono fino all'argine; il 14° venne chiamato da Stroppiana. Il Generale pensa allora di fulminare una intiera batteria; e se la resistenza del nemico non indica forze considerevoli, far costruire una rampa e gettare qualche cavalletto alfine di simular meglio l'intenzione del passaggio. Uno squadrone di cavalleria avrebbe contemporaneamente fatto vista di tragittare per un guado che trovavasi all'altezza della cascina del Lupo. L'azione incomincia; la batteria fulmina dalla destra sponda; una compagnia del 13° e alcuni Bersaglieri, disseminati nella boscaglia, le stanno ai fianchi per sostenerla. Ma lo squadrone di cavalleria che deve tentare il guado non è ancor giunto; il parco del Genio ritarda; si ode sulla riva opposta romore d'artiglieria che si avvicina al trotto, e truppe che corrono a posto con altissime grida. Bentosto il fuoco si estende su tutta la lunghezza dell'argine che ci è a fronte: l'artiglieria nemica, di grosso calibro, parea constare di otto pezzi, quattro de' rituali assai lontani e nascosti, probabilmente sulla strada di Vercelli presso il Molino dell'Isola, contrabattono i nostri con palle, granate e shrapnels, due dietro all'argine, e due nella boscaglia. Eranvi pure alcuni cavalletti da razzi.
Il vantaggio che aveva il nemico di trovarsi dietro dighe, e quello de' suoi calibri, determinarono il Generale a sostituire alla batteria da otto una da sedici, da cui sperava risultamenti migliori. Questo cambio, arduo sempre sotto il fuoco, fu eseguito con mirabile calma dalle due batterie sotto la vigilanza attiva ed intelligente del maggiore Revel, senza che il nemico riuscisse a ferire uomini o cavalli, malgrado la fitta grandine delle palle da carabina tirolese e da cannone. Una catena di fanti aiutò efficacemente al trasporto delle munizioni dagli avantreni ai pezzi nel terreno sabbioso, dove tale ufficio sarebbe altrimente riuscito lungo e faticoso. Nullameno, la posizione vantaggiosa, e il tiro estesissimo e giusto delle carabine, rendeva i fuochi del nemico assai più efficaci di quelli dell'artiglieria nostra; oltre a ciò avendo il Generale osservato che il nemico aveva spiegato le sue forze le quali si riconobbero di rilievo, e che lo scopo della dimostrazione era raggiunto, ordinò la ritirata delle batterie per sezione successive, la qual cosa si compie colla massima regolarità sotto un fuoco di momento in momento più vivo. Per mala sorte vi frappose indugio l'arrivo in quel punto dell'equipaggio da ponte del Genio, e lo squadrone di cavalli destinato di scorta all'artiglieria; siffatta circostanza critica pare scoperta dal nemico, malgrado lo spesseggiare degli alberi che nascondevano la strada; esso concentra in quella direzione i fuochi dei due pezzi posti all'argine; e quivi una palla da cannone uccide il cavallo e fracassa il piè destro al capitano Ferreri di Stato Maggiore che si trovava al fianco del Generale. In breve l'artiglieria e le truppe hanno ripassato l'argine e sono al coperto; esse vengano collocate dapprima dietro la medesima diga, poi più addietro ancora ove i soldati si mettono a riposo.
Alle sette e mezzo è cessato il fuoco. Un battaglione del 13° somministra di là dell'argine gli avamposti necessarii; il nemico dirige di tratto in tratto qualche colpo di cannone, senz'effetto alcuno, sui supposti nostri campi a sereno; si tiene molto in guardia, e basta che noi ci facciamo appena vedere sulla sponda perché esso ci saluti con vivo fuoco di moschetteria. Qualche ora dopo si mandò una batteria a Prarolo, un'altra rimase nelle vicinanze dell'argine: il 13° e il 14° si accamparono innanzi e dietro al paese. Il resto delle truppe stette a' suoi posti come prima dell'azione.”
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